Si sviluppa durante l’infanzia ma resta attivo anche in età adulta, quando non è più necessario e anzi nocivo: ecco come riconoscere (e sabotare) il proprio sabotatore interno
Avete mai sentito parlare di “sabotatore interno“?
Vi è mai capitato di avere la sensazione di mettervi i bastoni tra le ruote da soli?
Di non riuscire ad uscire da una situazione o cambiare un comportamento che voi stessi riconoscete come poco utile per la propria serenità?
Se la risposta è sì, probabilmente anche voi avete fatto i conti con l’autosabotaggio.
Può succedere in diversa misura a tutti, causando più o meno sofferenza. Può avvenire in maniera consapevole o, molto più spesso, inconscia.
Il “sabotatore” è parte di noi anche se non ne siamo consapevoli e non ce ne rendiamo conto: il che rende molto più difficile affrontarlo e cambiare le cose.
Cos’è il sabotatore interno e quando si attiva
Per esempio, ho incontrato una persona che ha condiviso con me la vergogna e il senso di colpa per non poter fare a meno di mettere in atto comportamenti che la facevano stare male. Ha raccontato di non poter fare a meno di abbuffarsi improvvisamente, di nascosto, “svuotando il frigorifero” e poi correre a indursi il vomito in bagno.
Ma questo è solo un esempio di come il “sabotatore interno” possa agire con conseguenze importanti verso se stessi e/o verso le relazioni più importanti della propria vita.
Il “sabotatore interno” si attiva in precise circostanze, quando si provano determinate emozioni.
Per esempio quando, inconsapevolmente, si hanno delle aspettative altissime, irrealizzabili, nei confronti di se stessi che possono riguardare diversi contesti, ad esempio i risultati scolastici, professionali, sportivi.
Il fallimento e la frustrazione nei confronti del mancato raggiungimento di questi standard possono esprimersi attraverso un comportamento aggressivo, oppure di rifiuto, nei confronti di una relazione a cui teniamo molto. Può succedere di agire in modo distruttivo nei confronti di qualcosa o qualcuno a cui in realtà si tiene molto, o anche nei confronti di se stessi, come nel caso della persona che non riusciva a fare a meno di abbuffarsi.
Alla base ci sono delle emozioni intollerabili e sconosciute che non si riescono ad esprimere se non attraverso l’azione: spesso si tratta di emozioni che sono legate ad esperienze talmente dolorose da non poter essere elaborate con il pensiero, e che quindi vengono “agite”.
Sabotare il sabotatore grazie alla psicoterapia
Secondo la psicoanalista neozelandese Joyce Mc Dougall questi comportamenti prendono origine dal bisogno di un Io infantile di proteggersi dalla sofferenza psichica.
Da bambini infatti non siamo in grado di elaborare e dare un nome alle emozioni: per sfuggire alla sofferenza psichica mettiamo in atto comportamenti che in quel momento ci proteggono, ma che nel futuro si stabilizzano nel tempo impedendoci di trovare nuove risposte, più adeguate ai nostri conflitti interiori e soprattutto più idonee alla vita adulta.
Il sabotatore interno continua così ad agire indisturbato.
Una psicoterapia permette di esplorare queste ferite, che possono riguardare sentimenti di debolezza, vulnerabilità e fallimento, di identificare i comportamenti di auto-sabotaggio, ormai disfunzionali.
Il percorso psicoterapeutico può insegnare soprattutto a sentire l’emozione, a stare con l’emozione, a riconoscerla e a contenerla interiormente attivando il pensiero e le proprie risorse interiori anziché l’azione, in una modalità migliore, più adulta, di gestire l’emozione.
Il proprio sabotatore interno si può a sua volta sabotare solo in questo modo: accogliendo la propria sofferenza e prendendosi cura del proprio Io infantile sofferente, il proprio bambino interiore.
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