In questa fase di emergenza sanitaria, molte delle persone che si rivolgono a me per un aiuto, mi dicono di avere più paura e di sentirsi più depresse rispetto alla scorsa primavera.
Assolutamente comprensibile.
Questa seconda ondata è come la recidiva di un malanno: quando lo prendiamo una seconda volta, accusiamo molto di più e riprenderci può essere un po’ più dura.
Probabilmente oggi la speranza che il virus sparisca dalla nostra vita velocemente trova meno riscontro in una quotidianità sempre più condizionata ed esasperata. Inoltre, il protrarsi di una condizione di disagio, insicurezza, paura contribuisce ad aggravare la percezione delle problematiche preesistenti senza lasciare spazio ed energia al cambiamento che necessariamente occorre affrontare.
Anche il momento dell’anno in cui ci troviamo gioca un ruolo fondamentale.
La scorsa primavera, il nostro sguardo andava a cercare quello che si iniziava ad intravedere: l’estate, il caldo, i colori, i profumi che, sebbene tappati in casa per oltre due mesi, forse riuscivamo ad immaginare o a sentire lontanamente.
Oggi stiamo procedendo verso l’inverno, verso un Natale in cui probabilmente la distanza fisica si percepirà più che mai come distanza sociale, il freddo prende piano piano il sopravvento e chi non ha la forza di cercare tra la nebbia può cadere in depressione.
E allora che cosa posso dire ai miei pazienti?
Che forse ancora una volta dobbiamo utilizzare parole che ci fanno meno male. Non ci piace il termine isolamento sociale poiché rimanda al concetto di solitudine e crea ansia. Preferiamo il termine protezione, poiché essere distanziati fisicamente, non significa esserlo socialmente.
Anche se non possiamo incontrarci con gli amici o con la famiglia allargata, possiamo comunque interagire, mantenerci sociali, comunicare, cercare confronto, esprimere le nostre emozioni.
Anche se pensiamo che siano solo sciocchezze, non è così.
L’unica possibile “cura” che abbiamo in questo momento è provare a mantenere attive quanto più possibile le relazioni sociali.
Perché le relazioni hanno un potere straordinario. Oggi dobbiamo e possiamo connetterci in un modo nuovo, diverso, possiamo utilizzare strumenti nuovi che ci consentono di sentirci vicini.
Quello che provo a trasferire ai miei pazienti è che il lockdown e tutte le forme simili ad esso, se vissuti con un’ottica diversa, possono avere dei vantaggi. Possono rappresentare l’opportunità di godersi le mura domestiche come forse non abbiamo mai fatto e di fare tutte quelle cose che per mancanza di tempo siamo soliti rimandare.
Forse, in questa seconda ondata, che pare pure peggio della prima, la chiave di volta è proprio la consapevolezza e l’esperienza di che cosa possa significare.