L’autolesionismo tra gli adolescenti è un fenomeno che negli ultimi anni coinvolge sempre più adolescenti e giovani: vediamo insieme quali sono i fattori di rischio e prevenzione
L’autolesionismo tra gli adolescenti è molto più diffuso di quanto si pensi.
L’esordio si verifica tra gli 11 e i 14 anni con una diminuzione della frequenza dopo i 20/25 anni.
Si tratta di atti intenzionali volti ad arrecare a se stessi danni fisici spesso permanenti, in grado di produrre dolore. Tali comportamenti non sono necessariamente legati al desiderio di togliersi la vita, ma costituiscono uno dei fattori di rischio per il suicidio o tentativo di suicidio.
Le modalità più frequenti di condotte autolesionistiche possono essere:
- causarsi tagli sulle braccia e sulle gambe;
- strapparsi i capelli (tricotillomania) o mangiarsi le unghie (onicofagia);
- grattarsi a sangue la pelle;
- provocarsi bruciature.
Molto spesso accade che gli adolescenti con comportamenti autolesionistici, soprattutto se ricorrenti, manifestino altri comportamenti “a rischio” come comportamenti sessuali promiscui (condotte di auto-danno), abuso di alcool e di sostanze o di farmaci (condotte di auto-avvelenamento).
Autolesionismo tra gli adolescenti: perché compiere gesti estremi?
Generalmente tali atti nascono come risposta ad emozioni negative (ansia, tensione, esperienze dolorose e traumatiche, difficoltà interpersonali e familiari e autopunizione). Sono adolescenti che presentano una difficoltà nelle strategie di coping e nella regolazione emotiva.
Di fronte ad uno stato emotivo indesiderato o intollerabile, il soggetto si ferisce cercando di ripristinare lo stato emotivo tollerabile.
La sofferenza fisica, quindi, servirebbe a trasformare il disagio emotivo in qualcosa di più reale e gestibile, distogliendo l’attenzione dal malessere interiore.
Tali comportamenti potrebbero costituire una forma di comunicazione del proprio disagio agli altri attraverso lesioni e cicatrici, provando in tal modo ad essere visti dai genitori o da altre figure di riferimento.
Una seconda funzione dell’autolesionismo è la cosiddetta punizione auto-inflitta, ovvero vi è una relazione causale tra l’auto-svalutazione, l’auto-criticismo e comportamenti autolesivi.
Si evidenziano negli ultimi anni inoltre, un’ulteriore possibile causa dell’autolesionismo provocata dalla frequenza del fenomeno di “emulazione tra pari” ossia comportamenti di imitazione di altri giovani e adolescenti che mettono in atto tali comportamenti.
Come aiutare chi attua comportamenti autolesivi?
Gli atti autolesionistici dei bambini e adolescenti non vanno assolutamente sottovalutati, sia per il rischio di comportamenti auto-aggressivi che potrebbero trasformarsi in comportamenti suicidari, sia perché rappresentano un segno di una sofferenza psichica del soggetto.
Un ruolo significativo nel cogliere i segnali di allarme, oltre alla famiglia, possono averlo gli insegnanti ed il gruppo dei pari.
È fondamentale non assumere un atteggiamento giudicante, né condannare il comportamento autolesivo, ma porsi in ascolto delle sofferenze del soggetto, accogliendo la sua richiesta di aiuto e rivolgendosi a specialisti per un’adeguata valutazione e terapia.
È necessario, inoltre, mettere in atto misure di controllo del rischio e del danno rimuovendo armi, farmaci e oggetti potenzialmente dannosi e controllare il possibile uso di alcol e droghe.