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Che cosa è il perdono

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Il perdono è la rinuncia a sentimenti di punizione, vendetta o rivalsa verso chi ci ha arrecato un danno, annullando o meglio trasformando quei sentimenti di odio e rancore in sentimenti positivi, come la compassione.
È un concetto originato soprattutto dalla cultura cristiana che ne sottolinea ed esalta la capacità di chi riesce a proiettare nel futuro una relazione rispetto all’offesa di chi l’ha infranta.

Recentemente il concetto di perdono ha ricevuto l’attenzione della scienza e della psicologia la quale ha provato a studiare le modalità attraverso cui sia possibile passare da uno stato di vendetta a quello del perdono e quali possano essere i fattori che ne ostacolino il processo.

Ad esempio secondo Bob Enright, uno dei più celebri ricercatori della psicologia del perdono, siamo tutti capaci di perdonare, ma non tutti ci riescono.

Questo perché la maggior parte delle persone associa l’atto del perdonare ad una forma di debolezza. Questa credenza è quella che il più delle volte ostacola questo processo.

Altri ricercatori associano il perdono ad un cambiamento nella motivazioni interpersonali nei confronti di un altro che ha commesso un torto e un danno.

Nello specifico sono tre le manifestazioni che sembrano attivarsi quando si perdona qualcuno:

  • Un aumento delle motivazione ad agire in modo che ne beneficia colui che ha offeso o la relazione con la suddetta persona;
  • Un calo della motivazione nella rivalsa nei confronti di chi ha commesso il torto;
  • Un calo della motivazione di evitare colui che ha commesso il torto (teoria e clinica del perdono).

Molte volte si confonde il gesto del perdonare con quello di giustificare chi ci ha fatto un danno.

Perdonare però non è sinonimo di giustificare o dimenticare, ma è un atto che comporta una scelta ben definita.
Quando si giustifica qualcuno che ha commesso un torto, generalmente si cerca il motivo che ha spinto la persona a ferirci, si accetta il motivo come valido e si giustifica il comportamento come conseguenza di quella motivazione.

Quando una persona perdona, perdona senza bisogno di giustificare.

Si perdona lo sbaglio anche quando non si ha una giustificazione “razionale” al gesto e al danno subito.
La giustificazione è un’azione di tipo razionale in cui il soggetto cerca il senso o la causa per cui ha subito un danno.

L’atto del perdonare ha invece a che fare con la sfera delle emozioni e dei sentimenti, che non prevede quasi mai l’aspetto razionale.

Durante il percorso di psicoterapia accade spesso di trovarsi a dover affrontare situazioni che hanno a che fare con il perdono.

Perdonare se stessi, perdonare chi ci ha fatto un danno, perdonare chi non c’è più, perdonare un tradimento, perdonare i nostri genitori perché non sono stati in grado di proteggerci, sono solo alcune delle forme di perdono che mi trovo ad affrontare nel mio lavoro.

In questo processo il perdono si può esprimere attraverso diverse forme come il lasciare andare, l’accettazione di ciò che è stato e l’accettazione di noi stessi e l’umanizzazione dell’altro.

Spesso ci aggrappiamo all’idea di come sarebbero dovute andare le cose, invece di guardare a come sono andate, e ancora a come ci saremmo dovuti comportare, secondo un qualche ideale o un’idea su noi stessi.
Ed è proprio l’affanno con cui rimaniamo legati ad un’idea, un’aspettativa o un piano che non ci permette di lasciare andare ed accettare ciò che è stato.
Questo è uno dei principi fondamentali della psicoterapia della Gestalt, come afferma il suo fondatore F. Perls

“Ogni individuo, ogni persona, ogni animale ha solo uno scopo innato, cioè quello di realizzarsi per quello che è.
Una rosa è una rosa è una rosa”

Quello che è, è.

Molte volte chi inizia un percorso di psicoterapia, oltre a soffrire di qualche malessere, lo fa perché è rimasto inconsapevolmente attaccato ad una situazione da cui non riesce ad uscire.
Gli esseri umani tendono, per loro natura, ad evitare lo sgradevole e ad ignorare le emozioni come la rabbia e la tristezza poiché sono qualcosa di difficile da gestire.
La psicoterapia diventa quindi il luogo in cui queste emozioni non vengono più evitate ed esplorate.

Si inizia così a prendersi cura di quelle ferite antiche e non, che ogni tanto, come le cicatrici sulla pelle, continuano a fare male.

Questo perché emozioni come la rabbia, così come la tristezza ed il rancore, rispetto ad una situazione irrisolta, ad un danno, un tradimento o una ferita ricevuta sono emozioni che tengono ancora legati a quella situazione, a quella persona, a quel dolore e non permettono a quella ferita di guarire.
Ecco perché andare a prendersi cura di quel danno o quella ferita e delle emozioni inespresse ad essa legate e, quando si può, con i propri tempi, perdonare chi ci ha ferito e qualche volta, dove é possibile, perdonare anche noi stessi per il male che ci siamo fatti da soli, è un atto non solo liberatorio, ma soprattutto terapeutico.

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