All’improvviso il buio, trema il corpo, gira la testa, il cuore sembra schizzare via dal tuo petto, la vista si appanna e il respiro cresce.
L’unica sensazione possibile è la paura, paura pura, immediata, improvvisa, incontrollabile. Ero al mare con amici e con il mio fidanzato, in uno dei posti più belli della costiera amalfitana. Giornata pazzesca eppure…
L’inizio di una nuova vita, senza neanche saperlo in anticipo, senza neanche avere sentore di cosa stesse per succedere, a me a cui piace tenere sempre tutto sotto controllo.
Cosa fosse, non lo sapevo. “Ho mangiato poco e faceva molto caldo”, ho pensato, eppure, una volta tornata a casa, quando tutti mi chiedevano come stessi, dentro di me e solo dentro di me, sapevo benissimo che c’era qualcosa che non andava… quella sera ho pianto, a dirotto, senza conoscerne il perché, ma ho pianto, tanto.
Quello è il giorno che ho ricordato come l’inizio della fine per tanto tempo, e che oggi riconosco invece come l’inizio di una nuova vita.
Sono passati più di 10 anni da quel giorno eppure non dimentico neanche un istante. Sì, perché da quel giorno tutto è cambiato.
Piangevo spesso, troppo spesso; cercavo di guardarmi dentro e per la prima volta percepivo di “non capirmi”, per la prima volta sentivo che c’era qualcosa che non andava, ma non capivo cosa fosse.
Non aveva un nome e soprattutto non ne trovavo i motivi, razionalmente. Avevo una vita che tutti chiamerebbero “perfetta”: una famiglia che mi amava e che non mi aveva mai fatto mancare nulla, mi divertivo con un mucchio di amici, un fidanzato che mi amava e mi apprezzava per quello che ero, ero rientrata da qualche anno da una fantastica esperienza americana durata un anno intero, facevo sport agonistico da più di 10 anni, andavo molto bene all’università e potevo viaggiare, andare a ballare, fare baldoria, come ogni ventenne privilegiato che si rispetti.
A poco a poco, il tracollo:
Non riuscivo più a portare avanti la mia vita di sempre, non ero più in grado di uscire di casa da sola, non potevo frequentare luoghi troppo affollati, non riuscivo più a guardare le persone dritto negli occhi.
In poche parole, non ero più presente alla mia vita che nel frattempo scorreva veloce, come quella di tutti i ragazzi di 20 anni che vivono da soli, in una città che non è quella dove sono nati, ma quella che hanno scelto per crescere da SOLI, essere indipendenti, studiare quel che più piace!
Gli amici andavano a ballare, a fare l’aperitivo e io mi forzavo di andare comunque, consapevole che il mio corpo avrebbe avuto una di quelle manifestazioni strane alle quali non sapevo dare un nome e che, per controllare, mi provocavano uno sforzo mentale e fisico che mi demoliva; come se per una serata con gli amici avessi fatto lo stesso sforzo fisico e di concentrazione che uno scalatore compie nell’arrampicarsi su un ciglio scosceso di una montagna, per 7 ore.
Non potevo continuare così… volevo mollare tutto, io che non avevo mai mollato, io che non potevo mollare.
Non accettavo questa “debolezza” ed ero convinta fosse un problema fisico. Feci visite mediche di ogni genere, analisi cliniche, andai anche da un neurologo, pensando che fosse il mio cervello ad avere dei problemi. Fu proprio il neurologo a dirmi qualcosa che non avrei mai voluto sentire: “Non hai nessun problema neurologico o fisico, hai dei sintomi che sono per lo più associabili alla depressione. Hai mai provato ad andare da uno psicanalista?”
Uno strizza cervelli? Io? La mia vita è perfetta e la mente non può limitare la vita di un essere umano in questo modo! Di certo non la mia! Io depressa? Siamo impazziti?
Oggi sorrido ricordando perfettamente questi pensieri istintivi, rabbiosi e increduli. Sorrido perché la soluzione l’ho trovata e sì, ho sofferto di https://elpsenzah.it/approfondimenti//attacchi-di-panico-cosa-sono-come-riconoscerli/attacchi di panico e ansia, nati da una forte depressione che riponeva le radici in un emisfero della mia vita che non era così evidente a tutti e men che meno a me.
Il mio grazie e il mio vedere oggi tutti quegli anni di disagio come l’inizio di una nuova vita e non come l’inizio della fine, lo devo alle persone che mi sono state accanto e che non mi hanno mai giudicata per quello che ero diventata.
Ma soprattutto lo devo alla psicanalista che ebbi il coraggio di incontrare, quando davvero non vedevo più possibile nessuna altra soluzione. Una donna e un percorso di analisi che ho odiato, ammirato, detestato, accusato e solo alla fine amato e apprezzato. Entrare in terapia non è cosa semplice, demolisce tutte le tue colonne portanti e ricostruisce da zero. Ci ho dovuto mettere tanta volontà nel restare seduta su quella poltrona negli anni, per almeno due volte a settimana.
Oggi posso dire che sono stati solo la bravura della professionista incontrata e la volontà di vivere, di riappropriarsi della mia vitalità gli elementi che mi hanno permesso di essere dove sono… viva!
3 Commenti. Nuovo commento
Mi permetto di citare il meraviglioso libro “Le parole per dirlo” della grande scrittrice Marie Cardinal, la cui storia non è il caso di riassumere qui…va letto e basta! Piuttosto pongo l’attenzione sul titolo che già dice tutto: per diventare umani abbiamo bisogno di tradurre in “discorso e parole” il mondo emotivo-affettivo interioriore da cui tutti deriviamo e in cui siamo immersi; soprattutto quando quest’ultimo si manifesta come un caos inestricabile di emozioni dolorose inspiegabili che producono solo sintomi di malessere psicofisico mettendo a repentaglio la dignità e il senso dell’esistere come persone umane. Saper chiedere aiuto quando non si hanno invidualmente gli strumenti necessari non è un atto di debolezza (come ancora molti pensano) ma un atto di coraggio, di forza e naturalmente anche di umiltà. Tu l’hai fatto…complimenti!
Buongiorno E.,
pensieri ricorrenti e preoccupazioni sono tipici di questa problematica che sembra esser riconducibile alla sfera dell’ansia. Una delle tentate soluzioni in tal caso è quella di evitare situazioni o richiedere aiuto per poterle affrontare, ciò che ti è capitato. Poter intraprendere un percorso di sostegno psicologico, ti ha permesso di uscire dal problema con efficacia. Complimenti! Ti auguro il meglio dall’inizio di questa “nuova vita” e spero che tu possa ampliarla e arricchirla con tutto ciò che più ti piace e più ti fa stare bene. In bocca al lupo.
Cara E.,
la tua storia porta all’attenzione del lettore tutta una serie di sintomi riferibili ad un disturbo d’ansia molto diffuso e invalidante, noto come disturbo da attacchi di panico che hanno la caratteristica di presentarsi nella vita delle persone in maniera subdola, ma comunque provocando una grandissima sofferenza. Come tu racconti, coinvolgendo molto chi ti legge, all’inizio hai provato tutta una serie di sensazioni nuove, incontrollabili, che all’apparenza erano prive di senso, ma che ti facevano stare molto male, perché di razionale e comprensibile non avevano proprio niente. Anzi, andavano contro quelle che erano le evidenze della tua vita: una famiglia dove circolava amore, tanti amici, un fidanzato attento, un’esperienza alle spalle molto stimolante, la propensione allo sport, università, viaggi, divertimento. Eppure c’era qualcosa che non andava e che sfuggiva al tuo controllo. Tanto che sei arrivata a non riuscire più ad uscire di casa senza che qualcuno fosse con te, quasi una mancanza di presenza a te stessa. Ed è questo il dramma di chi soffre di attacchi di panico: la vita cambia, precipita, si ha paura e soprattutto si ha paura della paura. In questo senso ansia e depressione procedono di pari passo, fino a diventare due facce della stessa medaglia.
Il fatto di essere riuscita ad intraprendere un percorso di psicoterapia ti ha permesso di dare un significato al panico, di chiamarlo per nome, collegandolo a qualcosa che nella tua vita non andava. E, come scrivi tu, quello è stato l’“inizio di una nuova vita”.