Quando nacque mia figlia ero la donna più felice del mondo (del resto quale madre non lo sarebbe).
Ma io ero ancora più orgogliosa perché ero sola e mi dicevo: ce la farò, sarà difficile ma ce la farò, non sono la prima né l’ultima e poi la forza me la darà lei.
Passarono diversi mesi bellissimi, tutto andava bene, mia figlia cresceva bene ed era una splendida bambina.
Ma ciò nonostante sentivo crescere dentro di me una grande ansia, e non riuscivo a capire perché.
Poi una notte sognai che morivo, mi svegliai con una crisi di ansia terribile, piangevo e allora capii. Avevo paura di morire e lasciare sola mia figlia e pensai terrorizzata: no, non ora, è troppo piccola, lei ha ancora tanto bisogno di me.
Ho vissuto tantissimo tempo con la paura della morte: mi addormentavo tutte le sere con la paura di non svegliarmi più la mattina dopo.
Non è stato un periodo facile, ne sono uscita molto lentamente con dolore e difficoltà. Mi dicevo: dovesse succedere, ci sono i parenti che se ne prenderanno cura. Ma poi pensavo: no, la mamma è un’altra cosa.
Poi, dopo tanto tempo di continua altalena, all’improvviso capii che il mio era solo egoismo: la figlia era mia, l’avevo fatta io e solo io dovevo e potevo prendermene cura; ma mia figlia non era una cosa da possedere, era una persona che, pur se piccola, era capace di pensare con la sua testa e sarebbe stata in grado anche di elaborare una eventuale assenza.
E così, piano piano, nutrendo fiducia in lei mi tranquillizzai e ricominciai a vivere più serena.
Ancora oggi penso che spesso la nostra forza sta negli altri, nel non negarsi ma nel dare loro la nostra fiducia, soprattutto riguardo ai figli, perché è vero che loro imparano da noi, ma è altrettanto vero che loro ci insegnano tanto: a me mia figlia ha insegnato l’umiltà.
Certo il percorso non è stato facile, ha avuto molti momenti difficili, ma alla fine ce l’ho fatta, e grazie a quella umiltà che ho imparato da mia figlia oggi mi dico che avrei dovuto chiedere aiuto. Sicuramente ne sarei uscita prima.
Ma come si dice… del senno di poi son piene le fosse.
R., 71 anni
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Cara R.,
dal tuo racconto emerge un tema molto importante: il rapporto tra una madre e una figlia (rapporto genitore-figlio) che tutti sanno essere molto complesso.
La solitudine che si evince da quello che scrivi ha fatto crescere dentro di te un grande senso di angoscia e di paura della morte che avrebbe lasciato tua figlia sola, senza una madre.
I figli non sono proprietà di chi li mette al mondo, ma costituiscono altro da lui, radicalmente. I genitori sono solo dei “mezzi” ed il loro compito è quello di amare per rendere liberi, per far volare lontano le frecce, non per piegarle ad un proprio volere o per confinarle in un recinto. Purtroppo noi clinici sappiamo bene che molte situazioni patologiche sono facilitate dall’incapacità dei genitori di lasciare veramente liberi i loro figli. E tu questo l’hai capito quando hai compreso che tua figlia è una persona e, come tale, capace di pensare con la propria testa e di comportarsi di conseguenza.