Relazioni, Violenza
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Non è amore se io non esisto più

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Ciao a tutti,

vi scrivo per raccontarvi una storia: la mia!

Ho 31 anni e sono una mamma.

Fin da piccola, sono stata una persona allegra, positiva ed ottimista: la mano di supporto, l’ascolto terapeutico ed il consiglio giusto, in ogni occasione.

Per i miei amici e conoscenti, sono quella dalla risata contagiosa, sorridente e solare, che ti tira su di morale; per la mia famiglia, quella libera ed indipendente, forte e decisa; per i miei colleghi, quella flessibile e comprensiva; e per i miei amori, quella autonoma, trainante, testarda e fuori dagli schemi. Insomma, quella che non si sarebbe mai fatta fregare dall’amore, eppure…

Eppure, si creano delle situazioni nella vita che possono stravolgere ogni cosa perché io, proprio io, “quella a cui non sarebbe mai stato possibile succedesse una cosa del genere”, sono stata vittima di una dipendenza affettiva devastante, di una relazione amorosa logorante e di una violenza psicologica alienante.

Un amore che all’inizio sembrava quello di un film, la storia delle fiabe che si raccontano per sognare, il quadro perfetto di una famiglia felice (dato che da questo rapporto durato ben cinque anni, è nata una bambina). Ma ho capito solo dopo che: se è troppo bello per essere vero, vuol dire che non è vero.

Una vera e propria manipolazione psicologica che è partita da un commento fuori-luogo, poi una frase scorretta, un discorso di cattivo gusto, magari un insulto, sotto forma di battuta, per poi diventare un’inconfondibile offesa, gratuita e inopportuna, tanto feroce e violenta.

Le aggressioni verbali contro di me, quel mio io più intimo e privato che naturalmente il tuo compagno di vita, nonché papà di tua figlia conosce, erano mirate a scalfire la mia autostima, a ledere le mie certezze e ad indebolire le mie sicurezze. Nulla andava bene, niente era giusto, solo perché proposto e/o realizzato dalla mia persona.

I suoi disturbi patologici iniziavano a torturare anche me, che ormai vivevo con l’ansia, iniziavo a non dormire la notte, raccontavo mezze verità, cercavo di nascondere situazioni scomode, e avevo paura, non solo di non essere capita, ma soprattutto di non essere creduta.

Io tentavo di sorridere ma, gli occhi, si sa, non mentono, chi mi conosce faticava a riconoscermi ed io mi guardavo allo specchio e mi vedevo diversa.

violenza psicologica rapporto di coppia

Lui bravissimo, invece, nel fingere davanti agli altri, nell’ostentare un sentimento idilliaco, quando dentro casa vivevamo un incubo, e nel presentarsi con regali spropositati, assolutamente non desiderati, e soprattutto che non avrebbero mai potuto cancellare l’odio, il rancore ed il disgusto con i quali mi massacrava di parolacce.

La nascita della bambina, poi, è stata il colpo di grazia, perchè se l’arrivo di un bebè già per le coppie stabili rappresenta uno sconvolgimento importante, figuratevi che cosa possa significare su un soggetto instabile. Caduta completamente la maschera, sono venute fuori la sua vera natura da squilibrato e la sua indole bipolare. A nulla naturalmente sono servite le mie suppliche a calmarsi, le mie continue richieste di smetterla, soprattutto in presenza della bambina, e la mia voglia costante di cercare di trovare una soluzione, anche mediante un supporto psicoterapeutico di coppia e l’aiuto dei nostri familiari. La pazza ero io, anche solo a proporre idee del genere. (Cose che poi ho provveduto a fare da sola).

Un giorno, però, dopo la sua ennesima sfuriata fuori controllo, nonostante avessi già chiesto aiuto ai suoi (che non sono mai intervenuti), non ce l’ho fatta più: ho fatta la valigia e me ne sono andata di casa, ho preso il treno e sono andata dai miei, con mia figlia a cinquecento chilometri di distanza. Forse, per il troppo dolore che non riuscivo più a trattenere e per la disperazione che non riuscivo più a nascondere, ho ritrovato la forza di raccontare il massacro quotidiano a cui ero sopposta, lontana dai miei e con una neonata da accudire, completamente sola. Me la ricordo ancora la faccia di mia madre quel giorno, quando mi ha vista, quando apprendeva la verità nuda e cruda, senza bugie.

Tra le tante cose che le ho raccontato, ho chiesto a lei, e solo a lei, di aiutarmi ad andare avanti, dritta per la mia strada, soprattutto nei momenti in cui mi assalivano i dubbi, cambiavo idea e volgevo lo sguardo indietro.

Perchè la mente, purtroppo, resta ingabbiata in un gioco psicologico assurdo: legata alla convinzione che le cose possano cambiare e migliorare, non le vede per quelle che realmente  sono, e vive di amare e disattese speranze che, ovviamente, non si realizzeranno mai ma che, allo stesso tempo, continueranno sempre ad essere alimentate.

Tocca interrompere l’incantesimo, rinsavire e riconoscere la realtà, perché se fosse stata una relazione sana, bella e d’amore sano, lo sarebbe stata e perché l’amore è davvero una cosa semplice, che non ha bisogno di vari tentativi di prova, per funzionare.

La mia famiglia, i miei amici e il team di professionisti che mi hanno aiutata a superare l’enorme dolore e lo sconforto profondo sono paragonabili soltanto all’amore immenso che ho ritrovato per me stessa, con la quale non sono più arrabbiata e che finalmente, da poco, sono riuscita a perdonare, e alla felicità enorme con la quale ho da sempre vissuto la mia vita, che ora condivido con mia figlia in una casa tutta nostra.

Non è facile riconoscere una violenza ed essere in grado di chiamarla con il suo nome, soprattutto se riguarda se stessi, così come non è assolutamente semplice trovare un modo per uscire da situazioni di questo tipo. Io mi chiedo ancora come abbia fatto e mi dico spesso che la gioia di esserci riuscita la sto assaporando piano piano, è una conquista lenta, graduale, fatta di piccoli passi in avanti che compio giorno dopo giorno.

Anche se in salita, la strada per uscire dalla violenza c’è: chiedete aiuto!

S. – Donna – 31 anni

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1 Commento. Nuovo commento

  • L’esperto risponde
    Francesca Pezzoli
    Psicologo/Psicoterapeuta
    03/06/2021 12:27

    Cara S.,
    Il dolore che descrivi arriva dritto al cuore: una giovanissima donna alle prese con un amore malato, ma anche la consapevolezza e la grande forza, nonostante la tua giovane età.
    Succede, a volte nella vita, che quello che siamo per tutti si annulli nel momento in cui pensiamo di aver incontrato l’amore: improvvisamente diventiamo tutto ciò che non siamo mai stati ed entriamo nel vortice della dipendenza. Accettiamo cose che non avremmo mai pensato di poter accettare: insulti velati, battute sarcastiche ed addirittura offese e aggressioni verbali, una vera e propria forma di violenza psicologica, poiché ogni gesto ha l’obiettivo di colpire l’altro, di tenerlo in pugno.

    Queste manifestazioni sono spesso parte del fenomeno definito dipendenza affettiva, che ci porta a pensare che l’unica strada per essere amati è quella di piegarsi alla volontà dell’altro. Diventiamo affamati di sicurezze, di conferme di valere almeno qualcosa. E’ una fame che non si placa facilmente: e, pur di non sentirla, cerchiamo di soddisfarla, anche a costo di annullarci.
    Quando arrivano i figli, poi, tutto si complica ulteriormente perché diventiamo donne-dipendenti-che-devono-proteggere i loro cuccioli e allora in alcuni casi, come nel tuo, riesce a scattare qualcosa, un istinto grande e inspiegabile, quello che ti ha permesso di andare via e di chiedere finalmente aiuto.
    Tu racconti di un percorso di terapia, ma anche e soprattutto del supporto ricevuto da tua madre e dai tuoi cari. Iniziare a prendere consapevolezza della propria dipendenza e avere il coraggio di chiedere aiuto sono i primi segnali di una volontà di reazione.

    Buona vita S.

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