Disabilità e Malattia, Genitori e Figli
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Non la più forte, ma più forte

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I periodi difficili costruiscono persone forti. Testato e scritto da me, non la più forte, ma più forte.

Un giorno ricorderemo tutti questo 2020 come un anno terribile. L’anno del COVID, che si è abbattuto su tutti noi improvvisamente, velocemente, in maniera subdola e violenta. Egoista e malvagio, non ha guardato in faccia nessuno. Come un tornado ha spazzato via tutto ciò che gli è capitato sotto tiro, talvolta pilotato e deviato al bisogno, anch’esso avido, di pochi “potenti” al timone, che di queste sciagure fanno il loro potere. Lui, COVID, non ha selezionato né scelto di che colore siamo, dove abitiamo, da dove proveniamo, in cosa crediamo, che cosa facciamo, se siamo uomo o donna, giovani o anziani, ricchi o poveri.

È arrivato senza bussare e ha stravolto le nostre vite, le nostre piccole e grandi abitudini quotidiane, la nostra economia e non per ultima la nostra condizione di salute, fisica per chi e’ stato più sfortunato di noi, ma mentale per tutti.

Ci ha allontanati l’uno dall’altro costringendoci a salutarci e scambiarsi idee e opinioni tramite uno schermo, in una maniera fredda e distaccata dove diventa impossibile sentire il profumo di chi siede di là. I più piccoli ed i più anziani sono stati ulteriormente penalizzati in quanto meno “avvezzi” a questi strumenti tecnologici. Tutto questo ci ha resi distanti e ci sta facendo mancare quello per cui siamo nati: il contatto fisico. Siamo animali sociali e quindi abbiamo bisogno di baci, carezze, abbracci, strette di mano, sguardi e di vedere una bocca che sorride oppure una bocca serrata e triste da poter consolare ma, purtroppo, parte del nostro volto è oscurato dalle mascherine e quindi ci siamo anche abituati a guardarci negli occhi, spesso malinconici.

E’ stato ed  è un anno dove molti di noi non hanno potuto vedere i propri cari perché distanti. Ci mancano gli amici, i colleghi, i nonni, gli zii e i fratelli. Però ci consola il fatto che se pur distanti, sono in salute. Non è poco in tempo di pandemia!!

Siamo più poveri. Molti hanno perso il lavoro. Io stessa sono in una condizione molto molto difficile in quanto lavoro nel settore del turismo, che è stato tra i primi a bloccarsi e sarà probabilmente tra gli ultimi a ripartire, molto gradualmente.

Io nello specifico mi occupo di incoming sul territorio nazionale. E che roba è l’incoming?! Un mestiere stupendo, creativo e divertente! Il mio lavoro da ormai 23 anni. Organizzo e pianifico soggiorni e tutto quello che riguarda una vacanza nel nostro paese, quindi in Italia, per clientela al 90% proveniente dal continente americano, quindi capirete bene che non si lavora da tanti mesi e chissà quando i visitatori torneranno ad affacciarsi nella Bella Italia. Questo comporta ingenti problemi finanziari, pensieri arrovellati, notti insonni, dispendio di energie.

Ma, mi dovessero chiedere, in un’intervista immaginaria: “ F., è stato, ad oggi, il 2020 l’anno peggiore della tua vita?”. Nonostante sia in crisi profonda con il mio lavoro e che quando ricomincerò a lavorare avrò…mila Euro” di debiti da rendere a chi me li ha prestati, risponderei di NO.

No perché peggio dovrò affrontare. Inevitabile.

No perché se mi fermo (quasi mai) e penso agli anni passati, nello specifico alla coda del 2016 e poi il 2017 e 2018, sono davvero convinta che quest’anno non è stato il peggiore.

piantina da terrenoQuesti sono stati per me degli anni terribili nonostante il mio lavoro andasse a gonfie vele, godessi di salute come grazie a Dio ancora oggi ho, ma ho dovuto far fronte a un grande problema reale e tangibile che ha stravolto la mia vita a 360°. Lo riassumo con una sigla che probabilmente nessuno o pochi conoscono ma io ve la spiegherò in maniera semplicissima: GEFS+.

E’ l’acronimo di Generalized Epilepsy with Febrile Seizures Plus.

E’ quello di cui soffre il mio bambino, che tra pochi giorni compirà cinque anni. Il tutto si riassume in: predisposizione a convulsioni con innalzamento della temperatura corporea, più banalmente detta febbre. E’ una mutazione genetica “de novo”, non ereditata da noi genitori.

Febbre a 37,5. In buona sostanza poco prevedibile, poco arginabile, molto comune nei bimbi di eta’ prescolare. Quindi febbre a ogni dente spuntato (20), febbre ad ogni influenza o mal di gola o cistite o simile. Quindi 38 crisi convulsive da quel 9 Agosto 2016 ad oggi.

Crisi simili alla più conosciuta crisi epilettica, quindi lui è in uno stato di incoscienza, diventa cianotico, respira male e quindi ha una saturazione leggermente compromessa e un irrigidimento degli arti con contemporaneo scuotimento, quindi ha delle convulsioni tonico-cloniche, come si dice in gergo medico. Sono benigne e non comportano danni psico-fisici. A lui. A me molti!!

38 volte paura. Almeno 25 ambulanze chiamate di giorno o di notte e altrettanti ricoveri. Uno zaino sempre pronto nell’armadio in caso di corsa al pronto soccorso. La mia paura, e rifiuto, a stare sola con mio figlio per più di 15 minuti (questo fino ad 1 anno fa). L’impossibilità di trascorrere vacanze o giornate in luoghi troppo isolati o dove un primo pronto soccorso non sia raggiungibile in tempi consoni.

Dormire ancora con lui nel lettone (e non con mio marito) per poterlo sentire se si sente male. L’apprensione costante quando e’ all’asilo e morire ogni volta che ti squilla il cellulare. L’estrema attenzione per non farlo ammalare, spesso privandolo con annesso senso di colpa, di fare ciò che i suoi coetanei fanno. Non aver mai più viaggiato sul sedile passeggero in quanto preferisco stare dietro con lui, solo per star più tranquilla io. La costante due volte al giorno di somministrargli un medicinale che lo aiuta a contrastare ciò per cui soffre. I miei ansiolitici. Un’organizzazione minuziosa stravolta al bisogno di mio figlio e della nostra pace, almeno il più possibile.

No, il 2020 non è stato il peggio per me. Oggi mio figlio sta meglio. E io pure. Ho trovato una forza stratosferica in me stessa in dei momenti in cui non avrei mai pensato di trovarla, ho scovato risorse nascoste che mai avrei creduto di possedere.

Non mi volevo abbattere. Ho sempre pensato “poteva essere peggio”. E poteva esserlo davvero se quel gene fosse mutato in maniera diversa. Ce l’ho fatta. Con l’aiuto della mia famiglia ma anche da sola. Ho preso coraggio. Per mio figlio. Non sono un’ eroina, ho sempre una paura velata e ancora ne avrò. Come con il 2020, ci vuole coraggio, ci vuole positività, ci vuole forza e tenacia per sorpassare questi momenti bui terribili e angoscianti ma, come dico sempre io, non può piovere per sempre e quindi anche questo brutto e ostile momento avrà una fine.

Noi siamo più forti di lui!! Passerà e potremmo tornare tutti ad abbracciarci, darsi la mano a fare dei bellissimi sorrisi visibili perché non avremo più le mascherine e torneremo a fare quello che facevamo prima, gradualmente, piano piano, ma lo rifaremo. Più forti. E un nuovo momento negativo che la vita ci riserverà, ci farà solo solletico poiché ci ricorderemo di aver passato paure più grandi o simili.

Tutto questo ci insegna. È parte del bagaglio e del percorso. E nulla è vano. Nulla, neanche la paura. Ad maiora.

F. -Donna – 43 anni

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1 Commento. Nuovo commento

  • L’esperto risponde
    Vittoria Vigo
    Psicologo/Psicoterapeuta
    17/06/2021 16:58

    Cara F., 

    dalla tua storia, emergono lo spirito combattivo e tenace, e la forza che hai tirato fuori nell’affrontare la malattia di tuo figlio. 

    Oltre allo spavento per qualcosa che non conoscevi e che, inevitabilmente, hai dovuto “studiare a memoria”, c’è l’incertezza di potercela fare, di saper accettare, di riuscire a tollerare il senso di impotenza e il dolore di fronte all’imprevedibile. 

    E tu, da madre, sei riuscita ad attivare le tue risorse, anche quelle che non pensavi di avere.

    Spesso le persone mi domandano come sia possibile affrontare un dramma, soprattutto quando si tratta di un figlio e da dove si possa tirare fuori la forza. Credo, innanzitutto,  che ognuno abbia il suo modo e i suoi meccanismi da attivare, a volte da solo, a volte con l’aiuto di altri. Ma una riflessione che accomuna tutti è che quella forza si  può e si deve trovare nel vedere i figli stare bene, magari migliorare, trovare una propria dimensione pur nella difficoltà e nel vedere che il loro benessere dipende in grandissima parte dalla serenità del genitore. Sono certa che questa sia la più grande sfida, ma anche la spinta motivazionale senza la quale sarebbe impossibile andare avanti. 

    In bocca al lupo!

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