Ciao, mi chiamo R., sono una donna di 28 anni che ha mille mondi interiori che a volte si sovrappongono ed altre volte si annullano nei timori dell’abbandono.
Ho vissuto un’infanzia particolare in quanto mio padre non è stato molto presente e mia madre, persona fantastica, doveva lavorare per garantire un futuro a me e mio fratello, così trascorrevo poco tempo con lei.
Ciò in me ha innescato un profondo senso di vuoto, che da piccola colmavo con la sindrome da cleptomane, così rubavo i giocattoli dei miei compagni di classe.
Da adolescente poi ho iniziato a provare piacere praticando autolesionismo ed è stato davvero molto dura. Verso l’età di ventisei anni ho iniziato ad avere problemi di alcool con qualche intossicazione etilica.
Il mio problema di fondo è la continua proiezione dei miei vuoti dell’infanzia sulla figura dell’altro sesso che vorrei potesse colmare quei vuoti dandomi stabilità.
Questa compulsiva paura di essere abbandonata mi provoca crisi interiori con attacchi di ansia e sensi di colpa quando le cose non vanno come vorrei.
Ho imparato pian piano con l’aiuto di mia madre a capire che alimentare questa paura farà allontanare sempre chi amo e che le cose devono viversi giorno per giorno accettando ciò che viene. Coltivare la paura non cambierà ciò che dovrà avvenire.
L’unica cosa che si può fare è comprendere la realtà del mondo fatta di precarietà e sopravvivere alimentando il proprio mondo fatto di passioni e affetti, apprezzando ciò che di bello viene e accettando ciò che di brutto accade.
Ho scritto un testo in cui penso a me da bambina e mi ha aiutato molto dialogare con questa parte, così la ripropongo in conclusione del racconto della mia storia personale:
E qui ancora non sapevo quanta strada avrei dovuto percorrere; quante emozioni contrastanti avrei dovuto provare; quanti momenti avrei dovuto custodire per ripercorrerli poi come monito di sopravvivenza; quante colline sabbiose avrebbero fatto cedere il mio destriero.
Ma, esistono molti ”’ma” …
Non sapevo nemmeno che nonostante tutto avrei potuto affrontare le insidie dei miei labirinti interiori in piena solitudine, come tutti al mondo, comprendendo che i miei limiti altro non sono che segni distintivi, e una volta visti come tali possono divenire ali di libertà, d’indipendenza sofferta.
Se incontrassi la Me Bambina le direi di non avere troppa paura perché troverà un modo per cavarsela, anche quando le tempeste di sabbia sembra che la vogliano sommergere spegnendo i fuochi di speranza e, le direi che la Me adulta nonostante le sue misere fragilità, troverà col tempo un modo per alimentare questo fuoco.
Sono certa che tutti possiamo riuscire a compiere tale impresa, quella più ardua ma fondamentale, cioè quella di accogliere il nostro bambino interiore, amandolo e portandolo in una casa costruita appositamente per lui nella totale accettazione della prove che ci sono state affidate fino alla fine dei nostri giorni.
3 Commenti. Nuovo commento
Cara R., mi ritrovo molto in quello che scrivi.
Anche io per anni ho cercato fuori di me quello che non riuscivo ad avere dentro di me. O meglio, che non riuscivo a vedere… Quando dipendiamo dall’attenzione e dall’amore degli altri non siamo mai autonome, mai libere davvero. Oltretutto, e tu lo sai, nessuno può colmare quel vuoto interiore…
Bellissimo che sei riuscita a connetterti con la tua bambina interiore. Complimenti per il tuo cammino e per le tue parole bellissime. Quando siamo connesse con la nostra bambina interiore abbiamo accesso a tantissimo amore, creatività, dolcezza… e io ti vedo così!
Un abbraccio
Mara
Cara R.,
mi piacerebbe condividere con la bambina che è stata una poesia evocata dalle sue parole: si intitola Speranza, di Gianni Rodari.
Tutti i genitori hanno delle mancanze, generalmente dovute a storie di vita difficili nelle generazioni precedenti alla nostra. Alcuni luoghi geografici hanno storie particolarmente dure. Ma sono proprio le esperienze difficili di fragilità mancanza che aprono in noi la possibilità di entrare in relazione profonda e autentica con gli altri. Certamente, come lei scrive, senza pensare che l’altro possa colmare i nostri vuoti ,ma sapendo che anche l’altro, come noi, ha le sue mancanze e le sue fragilità e insieme si può averne cura. I classici della letteratura, ad esempio, spesso raccontano storie di grande sofferenza e, guarda caso, sono amati da innumerevoli persone.
Un caro saluto,
dott.ssa Chiara Crespi
Buongiorno R.,
grazie innanzitutto per questo tua condivisione, la consapevolezza raggiunta nel tuo cammino di vita è davvero ammirevole pur senz’altro faticosa.
L’argomento che porti è di grande valore, il nostro “sè bambino” necessita di ascolto e di amore perché ci consente, in età adulta, di prendere le distanze da meccanismi interni negativi e di avvicinare, rafforzandoli, i meccanismi positivi, costruttivi, in grado di renderci forti e consapevoli.
Dovremmo tutti ascoltare e vedere il nostro “Io bambino” per riuscire a colmare vuoti, a perdonare, a liberarci dai sensi di colpa.
Grazie